- Febbraio 28, 2023
- Posted by: Francesco D.
- Categoria: Non categorizzato
Le normative e i requisiti sono in evoluzione, ma la differenza la fa il singolo
Quello del pilota di droni è da diversi anni in via di consolidamento come uno dei lavori del futuro, una professione nuova in un mercato del lavoro sempre più dinamico e orientato verso il progresso. Se, da un lato, i processi di automazione e di avanzamento tecnologico minacciano sempre di più i lavori convenzionali, dall’altro vediamo comparire nuove professionalità come questa e il mondo del lavoro del prossimo futuro dovrà necessariamente adattarsi a tali tipologie di occupazione. Le stime, per quanto riguarda l’uso professionale dei droni volto al solo monitoraggio industriale, parlano di un mercato da diversi milioni di euro annui solo in Italia, con un valore stimato in 118 milioni di euro nel 2022 (+20% rispetto al 2021), stando alle stime dell’Osservatorio sui Droni e la mobilità sostenibile del Politecnico di Milano. Le cifre diventano molto più incisive se l’analisi si estende al mercato globale: a ciò si somma la possibilità di applicare i droni a più settori industriali rispetto a quelli di attuale uso, il che contribuisce in modo più marcato al consolidamento di questo settore come una delle chiavi di volta delle professioni del futuro.
L’iter necessario per potersi avviare in questa professione seguendo le direttive nazionali e comunitarie è variato col tempo, proprio perché le stesse direttive hanno subito un’evoluzione molto rapida, la quale ha provato a stare al passo con la progressiva miniaturizzazione dei dispositivi. In principio, infatti, molte questioni non erano nell’interesse dei legislatori proprio perché rappresentavano casistiche inedite, tipiche di un nuovo campo tecnologico non normato. Tuttavia, dopo una prima fase di relativo vuoto normativo, sono subito entrate a pieno regime regolamentazioni via via più restrittive, sia per quanto riguarda i luoghi dove poter usare i droni che l’uso pratico degli stessi. Di fatto, la fase restrittiva ha diminuito le possibilità d’uso dei droni in campo professionale: alcuni usi risultavano essere molto dispendiosi, tra permessi, richieste e modifiche tecniche ai droni per garantire certi standard di sicurezza; altri ancora risultavano semplicemente impossibili da attuare a prescindere dalle risorse devolute alla loro realizzazione.
Come un ciclo armonico, a questa fase restrittiva è seguito un nuovo periodo di parziale liberalizzazione: molte applicazioni e molti usi specializzati rimangono soggetti a restrizioni, mentre altri usi sono stati quasi del tutto sdoganati. Probabile complice di questa apertura dei legislatori è risultato essere il record positivo di sicurezza dei droni negli ultimi anni, dato che gli inconvenienti gravi causati dall’uso sconsiderato dei droni stessi sono stati veramente pochi e ciò ha incoraggiato una parziale apertura delle normative e dei regolamenti. È qui che entra in gioco la questione della professionalità: chi è il pilota di droni, da quale ambito proviene, cosa fa e che obiettivi si pone di raggiungere nel medio e nel lungo termine?
Quella dei piloti di droni è forse una delle categorie professionali più eterogenee in assoluto, dato che in essa vanno a confluire professionalità che arrivano da più settori. Ci sono professionisti che usano i droni come strumenti per abbattere i costi di monitoraggi e ispezioni, esperti di aviazione a vario titolo che canalizzano le loro conoscenze aeronautiche sulla gestione dei droni e la loro navigazione aerea, esperti di fotografia che li usano per garantire prospettive mai viste prima, e tanti altri ancora. La categoria è dunque molto variegata e questa varietà si riflette anche sulle tipologie di droni utilizzati, dato che ad ogni applicazione corrispondono tipologie specifiche di droni da utilizzare. “Dimmi che drone usi e ti dirò chi sei e cosa fai”. Forse non siamo proprio a questo livello, ma quasi.
Open, Specific o Certified?
La nuova frontiera europea fornisce direttive utili per caratterizzarsi in questo nuovo ambito tecnologico come professionisti qualificati. Le attività specializzate con droni che comportano alcuni rischi non trascurabili per quanto riguarda i possibili danni a terzi richiedono la qualifica Specific, che si può considerare quasi in perfetta continuità con gli attestati CRO prima contemplati dalla normativa italiana; in questa categoria vanno a confluire singole abilitazioni molto professionali, come il CRM (Crew Resource Management), la Fonia Aeronautica e soprattutto il SORA (Specific Operations Risk Assessment), tutte finalizzare a formare professionisti perfettamente capaci di integrare alla propria attività con droni delle analisi sicure dei rischi. Chi vuole affacciarsi al mondo dei droni e caratterizzarsi in professionalità per usi specializzati come quelli contemplati dalla categoria Specific, deve seguire appositi corsi e superare determinati esami.
Gli usi meno rischiosi e impegnativi sono assimilabili alla categoria Open, la quale contempla molti scenari lavorativi e d’uso hobbistico, sebbene questa categoria comporti dei limiti che possono andare a cozzare con determinate esigenze lavorative; i tre scenari Open, A1, A2 ed A3, sono però molto congeniali per chi vuole usare i droni per svago, o per chi li usa per lavori che non prevedono particolari rischi per terzi.
La categoria Certified si inquadra per operazioni considerate ad alto rischio e prevede un iter burocratico complesso e articolato, che prova a garantire un livello di sicurezza paragonabile a quello dell’aviazione commerciale e generale con piloti a bordo. Questa nuova qualifica interessa, al momento, molti degli impieghi sperimentali con droni che potrebbero diventare delle vere e proprie rivoluzioni per i prossimi decenni, come il trasporto passeggeri e il cargo.
A prescindere dalla categoria nella quale si decide di operare come piloti di droni professionisti, bisogna attivare specifiche coperture assicurative: queste polizze sono obbligatorie, una vera e propria costante per chi usa i droni per lavoro. Altra cosa essenziale è che bisogna inoltre tener conto del limite minimo di età, che la normativa europea fissa in 16 anni compiuti.
Fatto questo excursus sulle varie tipologie di qualifica e sui requisiti minimi, come procedere e orientarsi nel campo della formazione per diventare pilota di drone? Sia in Italia che nel resto d’Europa ci sono molte entità riconosciute che offrono corsi di formazione: una di queste è Dron-e, la prima nata in Calabria. Al superamento dei corsi e delle relative verifiche teorico-pratiche, l’iter si perfeziona con l’ottenimento di apposite certificazioni riconosciute da ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile) ed EASA (European Air Safety Agency), necessarie per poter svolgere l’attività di pilota di droni legalmente e con professionalità.
Nel complesso, in questo come in tanti altri settori, la professionalità collettiva della categoria diventa una somma delle responsabilità dei singoli. Nel caso dei piloti, l’effetto è amplificato dal fatto che, trattandosi di una nuova professione, il primo impatto che si ha nei confronti nei clienti non è solo decisivo per la propria professionalità, ma va a caratterizzare la percezione della categoria da parte dell’opinione pubblica. Il pilota di drone professionale è un ruolo che si assume da un lato con le qualifiche conseguite, e dall’altro con la professionalità che caratterizza il lavoro svolto.
Francesco D’Amico
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